Il buco nero sorprendente
11 luglio 2019
Il gruppo di ricerca in Astrofisica del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre ha guidato un importante studio pubblicato sulla rivista internazionale Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che, per la sua rilevanza, è stato ripreso dalla Link identifier #identifier__21361-1NASA e dall’Link identifier #identifier__180320-2Istituto Nazionale di Astrofisica.
Lo studio si è concentrato sul nucleo della galassia a spirale NGC 3147, noto già in precedenza per essere un Nucleo Galattico Attivo di bassa luminosità. Il motore di questo nucleo è un buco nero che sta catturando materia, e nel caso di NGC 3147 si pensava che esso non fosse in grado di costruire attorno a sé un disco di accrescimento tipico dei nuclei galattici più luminosi. Grazie al telescopio Hubble, invece, il gruppo ha potuto osservare, per la prima volta e sorprendentemente, un vero e proprio disco di accrescimento, anche se poco luminoso.
“La presenza inaspettata di questo disco ci offre una preziosa opportunità di testare la teoria della Relatività Generale di Einstein”, afferma il prof. Stefano Bianchi, primo autore dello studio. “Ulteriori osservazioni potranno guidarci nella costruzione di nuovi modelli che descrivano nuclei galattici poco attivi, come quello che abbiamo osservato”.
Al team di Roma Tre, che comprende, oltre al prof. Stefano Bianchi, i proff. Giorgio Matt, Fabio La Franca e i dott. Riccardo Middei e Andrea Marinucci (ora in Link identifier #identifier__98417-3ASI), vanno i nostri complimenti per il risultato ottenuto.
Per informazioni:Link identifier #identifier__176310-4 stefano.bianchi@uniroma3.it
L’articolo può essere scaricato Link identifier #identifier__43962-5qui
Credits:Link identifier #identifier__135115-6 NASA, Link identifier #identifier__110037-7ESA, S. Bianchi (Università degli Studi Roma Tre University), A. Laor (Technion-Israel Institute of Technology), and M. Chiaberge (Link identifier #identifier__21033-8ESA, Link identifier #identifier__56406-9STScI, and JHU)
“Che ci faccio qui” intervista al gruppo di Elena Pettinelli
14 giugno 2019
La professoressa Elena Pettinelli e il suo gruppo intervistati da Domenico Iannacone, per il programma televisivo “Che ci faccio qui” in onda in prima serata su RaiTre il 14 Giugno 2019.
Link identifier #identifier__1874-10Video (per vedere il video è necessario registrarsi a Rai Play)
Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza. La prof.ssa Paola Gallo a Radio Rai
11 febbraio 2019
Paola Gallo, professore di Fisica Teorica della Materia Condensata del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre, partecipa alla trasmissione radio “L’ora delle donne – donne e scienza” di Rai Radio Techetè in occasione della Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza dell’11 Febbraio.
La trasmissione, presentata da Paola Guerci, ha trattato il tema delle donne scienziate attraverso il racconto di nomi illustri come Rita Levi Montalcini, Margherita Hack e Fabiola Gianotti.
A queste voci si è aggiunta quella di Paola Gallo, che ha condiviso la sua esperienza lavorativa e le sue considerazioni riguardo le donne che intraprendono la carriera scientifica. Nonostante siano stati fatti molti passi in avanti nell’uguaglianza tra donne e uomini in ambito scientifico, afferma la professoressa, molto rimane ancora da fare, ed è quindi importante mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica. Per questo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito, l’11 febbraio, la Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza, che fornirà un’ulteriore occasione di riflettere sul tema attraverso decine di manifestazioni ed eventi.
Link identifier #identifier__198574-11Programma – Link identifier #identifier__184268-12Locandina – Link identifier #identifier__196842-13Intervista – Link identifier #identifier__61049-14Pagina ufficiale della giornata
Discovery of Stars Surrounded by Iron Dust in the Large Magellanic Cloud
24 gennaio 2019
Ester Marini, studentessa del Dottorato in Fisica dell’Università Roma Tre, ha coordinato un importante studio pubblicato sulla rivista internazionale The Astrophysical Journal Letters e ripreso anche dall’Link identifier #identifier__196798-15Istituto Nazionale di Astrofisica. Il team di autori, che comprende anche ricercatori dell’INAF-OAR, dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Istituto di Astrofisica delle Canarie, ha trovato, per la prima volta in assoluto, un’alta percentuale di polvere di ferro nell’inviluppo di stelle giganti dove, invece, generalmente domina la presenza di silicati. Tale conclusione è stata dedotta sulla base dei modelli teorici sviluppati dalla dott.ssa Marini, che ha potuto caratterizzare un gruppo di stelle della Grande Nube di Magellano, una galassia vicina alla nostra Via Lattea. Il lavoro è particolarmente rilevante anche in vista del nuovo telescopio spaziale James Webb che sarà lanciato prossimamente, e permetterà di descrivere più in dettaglio la contaminazione che queste stelle producono nello spazio che le circonda, da cui si formano altre stelle o pianeti.
Link identifier #identifier__80726-16Articolo
Il radar italiano MARSIS individua la presenza di acqua liquida su Marte
25 luglio 2018
I risultati, pubblicati da Link identifier #identifier__20842-17Science, sono stati presentati, in una conferenza stampa congiunta, presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana
Elena Pettinelli, Elisabetta Mattei, Barbara Cosciotti e Sebastian Lauro
Acqua su Marte: liquida e salata. Sono queste le prime conclusioni delle indagini di studio del radar italiano MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) a bordo della sonda europea Mars Express, pubblicati sulla rivista scientifica Science: Link identifier #identifier__98466-18Radar evidence of subglacial liquid water on Mars.
Nella pubblicazione il team composto da ricercatori appartenenti a centri di ricerca ed università italiane (Agenzia Spaziale Italiana (Link identifier #identifier__148906-19ASI), Istituto Nazionale di Astrofisica (Link identifier #identifier__192159-20INAF), Università degli Studi Roma Tre, Università degli Studi D’Annunzio, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Link identifier #identifier__51364-21CNR) e Sapienza Università di Roma, mostra che oggi abbiamo, per la prima volta, la prova che sotto la superficie di Marte c’è dell’acqua allo stato liquido. I dati di MARSIS indicano che probabilmente l’acqua è salata poiché alla profondità di 1.5 km, dove l’acqua è stata identificata, la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0°C.
I sali, che probabilmente sono simili a quelli che la sonda NASA Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da “antigelo” aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche ad una nicchia biologica. I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte ed ora, messo a punto il metodo di analisi, potranno continuare ad investigare.
Grazie alla sonda Viking della NASA dal 1976, è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi e le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza. “Il grande dilemma era quindi quello di dove sia finita tutta quell’acqua. – racconta Roberto Orosei dell’INAF, primo autore dell’articolo – Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua.
Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido”. Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia Spaziale Europea (Link identifier #identifier__146968-22ESA) e l’ASI propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità.
Il radar fu ideato e proposto dal prof. Giovanni Picardi di Sapienza Università di Roma, e la sua realizzazione fu gestita dall’ASI ed affidata alla Thales Alenia Space – Italia. La Link identifier #identifier__77152-23NASA, attraverso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) e l’Università dell’Iowa, ha fornito una parte dell’elettronica e la speciale antenna ben visibile in tutte le immagini di Mars Express. L’ASI lo consegnò ad ESA per installarlo sul satellite che venne poi lanciato il 2 giugno 2003. MARSIS è un radar sounder, ovvero un radar che opera a frequenze tra 1.5 e 5 MHz in grado di penetrare nel terreno marziano fino a 4 o 5 km di profondità, a seconda delle caratteristiche geofisiche degli strati profondi, ma anche di misurare con accuratezza lo stato e le variazioni della ionosfera marziana.
“Era uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dall’unico lontano precursore volato un quarto di secolo prima sull’ultima missione Apollo, estremamente promettente di cui si doveva non solo sviluppare l’elettronica, ma anche il modo di elaborarne i dati. Un contributo importante venne dai colleghi del JPL della NASA e dell’Università dell’Iowa” commenta Enrico Flamini, già Chief Scientist di ASI. Questi ultimi erano principalmente interessati alla misura della ionosfera marziana, mentre il JPL curò lo sviluppo presso l’industria americana dell’antenna, due leggerissimi tubi di kevlar lunghi 20m ognuno che, per poter essere montati a bordo ed essere lanciati con il satellite, dovevano essere ripiegati in una scatola di poco più di un metro di lunghezza.
MARSIS, grazie alla sua capacità di penetrare all’interno della crosta marziana, è l’unico strumento in grado di risolvere il dilemma e trovare l’acqua liquida in profondità. Per più di 12 anni il radar ha sondato le calotte polari del pianeta rosso in cerca di indizi di acqua liquida. Qualche eco radar insolitamente forte era già stata osservata dai ricercatori del team di MARSIS nel corso degli anni, ma senza ottenere mai una evidenza sperimentale certa della presenza di acqua allo stato liquido. Il gruppo di scienziati che firma l’articolo oggi in pubblicazione su Science, ha studiato per alcuni anni la regione del Planum Australe con MARSIS.
In particolare, i ricercatori hanno elaborato ed analizzato i dati acquisiti su questa regione tra il maggio 2012 ed il dicembre 2015. I profili radar, ottenuti da orbite diverse, che talvolta si incrociavano tra di loro, ed acquisite in diversi periodi dell’anno marziano quando nelle regioni polari sud si depositano sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica, hanno mostrato caratteristiche peculiari ed hanno permesso di identificare una area di circa 20km quadrati (centrata a 193°E e 81°S) nella quale la sottosuperficie è molto riflettente, al contrario delle aree circostanti.
La parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar per arrivare a determinare la costante dielettrica dello strato riflettente ed identificarne, quindi, la natura. Questa parte del lavoro è durata quasi 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida.
“Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale, – dice Elena Pettinelli, responsabile del Laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma Tre e co-investigatore di MARSIS – simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da MARSIS. In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro.”
Scoperti i barioni mancanti
28 Giugno 2018
Enzo Branchini, professore associato presso il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre, è tra gli autori di uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Nature che, per la sua rilevanza, è stato ripreso da Link identifier #identifier__10785-24La Repubblica, Link identifier #identifier__96111-25Le Scienze, e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Link identifier #identifier__64187-26INAF).
Lo studio fa luce su un tema a lungo rimasto un mistero: quello dei cosiddetti barioni “mancanti”. I barioni sono particelle che formano la materia ordinaria, cioè quella di cui siamo fatti noi e tutto ciò che ci circonda, compresi i pianeti, le stelle, i gas e le polveri nell’Universo. Da diversi anni, tramite misure indirette, si è stimata la quantità totale di barioni presente nell’Universo, ma finora, nonostante i numerosi tentativi, nessuna misura diretta era riuscita a confermare le stime.
Grazie al telescopio spaziale XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), il team di ricercatori ha potuto trovare, per la prima volta in assoluto, i barioni che mancavano all’appello per confermare le misure indirette. Essi si trovano nei filamenti di gas ionizzato ad alta temperatura che collegano tra loro le galassie.
Al prof. Enzo Branchini e a tutto il gruppo di ricerca vanno i nostri complimenti per il risultato ottenuto.
Per informazioni scrivere a: Link identifier #identifier__25109-27branchin@fis.uniroma3.it
Link identifier #identifier__104543-28ARTICOLO
Intervista al prof. Enzo Branchini di Link identifier #identifier__74562-29Roma Tre Radio ;
Eccellenza sul podio: la chiave è l’interdisciplinarità
4 Giugno 2018
Link identifier #identifier__141229-30
“Enrico Fermi a Ottanta Anni dal Nobel” Lectio Magistralis di Luciano Maiani
16 maggio 2018
Il 16 Maggio 2018, nella sede dell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi Roma Tre, si è tenuta la Lectio Magistralis di Luciano Maiani “Enrico Fermi a Ottanta Anni dal Nobel”, organizzata dall’Accademia Nazionale dei Lincei – Classe delle Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali – e dall’Università degli Studi Roma Tre – Dipartimento di Matematica e Fisica.
Link identifier #identifier__130363-31La Lectio Magistralis di Luciano Maiani audio integrale
Link identifier #identifier__104369-32Intervista al Rettore Luca Pietromarchi
Link identifier #identifier__66392-33Intervista al Prof. Luciano Maiani
A 80 anni dal Nobel, una Lectio Magistralis celebra l’opera di Enrico Fermi – Link identifier #identifier__184050-35articolo
Maiani: “Fermi un gigante, ma fu maltrattato dall’opinione pubblica” – Link identifier #identifier__4128-36articolo
Fisica, Maiani: così le ricerche di Fermi hanno cambiato il mondo – Link identifier #identifier__45007-37articolo
A ottanta anni dall’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica a Enrico Fermi, una delle figure più importanti della Fisica del Novecento, per la scoperta delle reazioni nucleari indotte dai neutroni lenti e con la dimostrazione dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi, è bene ricordare come il suo nome sia legato a molte altre scoperte che hanno avuto grande influenza nella Fisica moderna.
Nel 1927, allo stesso tempo e indipendentemente da P.A.M. Dirac, Enrico Fermi ha individuato la statistica quantistica cui obbediscono gli elettroni e molte altre particelle che, dal suo nome, prendono il nome di “fermioni” (protoni, neutroni, quark…). La statistica di Fermi-Dirac rende conto di un vasto numero di fenomeni, dalle proprietà degli elettroni nei metalli alle stelle nane bianche e alle stelle di neutroni, all’interazione dei quark all’interno del protone e del neutrone. Nel 1933, Fermi ha identificato una nuova classe di forze fondamentali, le forze deboli, inquadrando il neutrino in uno schema teorico che, nelle sue linee generali è ancora valido ai giorni nostri.
Insieme a C. N. Yang, nel 1949 ha per primo ipotizzato che le particelle subnucleari potessero essere composte da particelle più fondamentali, un’idea rivoluzionaria che ha portato all’individuazione dei quark negli anni sessanta. Infine, si può ancora ricordare che Fermi ha proposto una teoria per l’accelerazione di particelle cariche nei campi magnetici cosmici, l’accelerazione di Fermi, che rappresenta tutt’ora il modello di riferimento per l’origine dei raggi cosmici galattici.
In campo nucleare, le scoperte di Enrico Fermi hanno aperto la strada alla scoperta della fissione. Da qui, Fermi (1942) è ripartito per realizzare il primo reattore per la produzione controllata di energia nucleare: the Italian navigator has just landed in the new world, come riportato in codice dal fisico A. Compton alla National Defense Research Committee degli USA.
La figura di Enrico Fermi è spesso associata, nell’immaginario collettivo, alla realizzazione del primo ordigno nucleare, ma Fermi fu contrario, insieme ad Oppenheimer, alla realizzazione della bomba a idrogeno.
Link identifier #identifier__109931-38Locandina
Quando la matematica diventa un problema di stato
16 Aprile 2018
Si è svolto al Rettorato dell’Università di Roma Tre il convegno “Matematica ed esame di maturità”, organizzato dall’Istituto per le applicazioni del calcolo del Cnr di Roma (Link identifier #identifier__137589-39Iac-Cnr) in collaborazione con l’Unione matematica Italiana (Link identifier #identifier__102902-40Umi).
“La prova di matematica per la maturità dei Licei Scientifici è un argomento di grande interesse, in questo momento ancora più di attualità poiché l’esame 2018 sarà l’ultimo prima delle riforme previste dalla legge 107/2015, spiega Roberto Natalini, direttore Iac-Cnr. “Dal 2019, infatti, l’esame di Stato alla fine della scuola secondaria di secondo grado subirà diversi cambiamenti, molti dei quali riguardano direttamente anche la valutazione in uscita in matematica”.
L’incontro, cui hanno partecipato oltre 100 docenti scolastici e universitari, è stato l’occasione per promuovere un dibattito approfondito sulla necessità di individuare nuovi strumenti didattici per un approccio più costruttivo allo studio della matematica, a partire proprio dalla riformulazione dell’esame di stato.
Link identifier #identifier__46465-41Video
Roma Tre partecipa alla nuova scoperta sulle onde gravitazionali
17 ottobre 2017
Il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre è tra gli istituti coinvolti nell’osservazione della prima luce emessa da una sorgente di onde gravitazionali, grazie al lavoro della dottoressa Federica Ricci.
La nostra Federica, che ha concluso il suo Dottorato in Astrofisica presso il Dipartimento lo scorso febbraio, ha partecipato alle Link identifier #identifier__61776-42osservazioni nella banda del visibile e dell’ultravioletto delle due stelle di neutroni al centro della scoperta, stelle che, unendosi, hanno dato vita all’emissione delle onde gravitazionali. La rilevazione dell’evento astronomico in diverse bande dello spettro elettromagnetico è certamente l’aspetto più significativo della nuova scoperta.
Il telescopio utilizzato nelle osservazioni è il SOAR (Southern Astrophysical Research Telescope) situato in Cile, che Federica ha manovrato da remoto. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Astrophysical Journal Letters.
Il Dottorato in Fisica di Roma Tre conferma il suo prezioso ruolo nella formazione di giovani ricercatori d’eccellenza. Infatti anche la dott.ssa Francesca Onori, che ha conseguito il Dottorato in Fisica a Roma Tre e attualmente lavora presso il Netherlands Institute for Space Research in Olanda, ha collaborato ad analoghe pubblicazioni [Link identifier #identifier__55458-431, Link identifier #identifier__50691-442].
Alla Dottoressa Federica Ricci, alla Dottoressa Francesca Onori e al corso di Dottorato vanno i nostri complimenti per i risultati ottenuti.
Per informazioni scrivere a: Link identifier #identifier__102301-45riccif@fis.uniroma3.it.
Link identifier #identifier__31711-46Articolo
A caccia di buchi neri insieme alla NASA
20 Giugno 2017
Il gruppo di ricerca in Astrofisica del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre conferma il suo importante ruolo nel panorama scientifico internazionale. Il prof. Giorgio Matt, infatti, è uno dei proponenti della missioneImaging X-ray Polarimetry ExplorerLink identifier #identifier__10559-47 (IXPE), ed è, insieme al prof. Roger Romani della Stanford University, il coordinatore del gruppo di lavoro incaricato dello sviluppo degli studi teorici e modellistici necessari alla definizione del programma osservativo della missione. Del team di Roma Tre fanno anche parte il prof. Stefano Bianchi ed il dr. Andrea Marinucci.
IXPE è un satellite la cui realizzazione è stata siglata il 20 giugno 2017 tramite un accordo tra la NASA e l’Agenzia Spaziale Italiana. IXPE, il cui Principal Investigator è il dr. Martin Weisskopf del Marshall Space Flight Center della NASA, sarà lanciato nel novembre del 2020 ed effettuerà, con dettaglio senza precedenti, la misurazione della polarizzazione di sorgenti celesti che emettono raggi X. La polarizzazione è una delle caratteristiche fondamentali della radiazione elettromagnetica; tuttavia, nei raggi X, a causa di limitazioni tecnologiche solo recentemente superate, non è stato possibile finora misurarla se non in un numero piccolissimo di sorgenti. I dati raccolti in due anni di missione permetteranno di migliorare, ed in alcuni casi di rivoluzionare, la nostra comprensione della natura di molte classi di sorgenti di radiazione X, tra cui buchi neri e stelle di neutroni.
L’aspetto maggiormente innovativo della missione IXPE è nella strumentazione scientifica, ed in particolare nel rivelatore di radiazione, sviluppato presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Link identifier #identifier__97770-48INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Link identifier #identifier__2360-49INFN). Il team italiano di Roma Tre completa la partecipazione italiana della missione.
Il buco nero fuggitivo
23 Marzo 2017
Stefano Bianchi e Andrea Marinucci, due membri del gruppo di ricerca in Astrofisica del nostro Dipartimento, hanno collaborato ad un importante studio pubblicato sulla rivista internazionale Astronomy & Astrophysics, che, per la sua rilevanza, è stato ripreso dalla Link identifier #identifier__115337-50NASA.
Lo studio, che riguarda un buco nero supermassivo localizzato nella galassia 3C186, si contraddistingue per diversi aspetti innovativi. Innanzitutto, il team di ricercatori, utilizzando le osservazioni effettuate dal telescopio spaziale Hubble, ha dimostrato che tale buco nero non è localizzato al centro della galassia ospite, ma spostato rispetto ad esso di circa 35000 anni luce. Si tratta della prima conferma di un buco nero supermassivo “fuggito” dal centro della sua galassia.
Inoltre, la teoria proposta dai ricercatori per giustificare l’inusuale collocazione del buco nero, prevede l’emissione di forti onde gravitazionali, solo recentemente scoperte dall’interferometro The Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory Link identifier #identifier__119959-51(LIGO). Infine, tale teoria, se confermata, dimostrerebbe che, come i buchi neri stellari, anche quelli supermassivi possono unirsi a formare un unico buco nero più grande.
Al gruppo di ricerca vanno i nostri complimenti per il risultato ottenuto.
Link identifier #identifier__83180-52Video NASA
Per informazioni: Link identifier #identifier__125230-53marinucci@fis.uniroma3.it oppure Link identifier #identifier__68793-54bianchi@fis.uniroma3.it
Link identifier #identifier__99496-55Articolo
Luce gamma dagli ammassi di galassie
18 Gennaio 2017
Enzo Branchini, professore associato presso il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre, è primo autore di uno studio pubblicato sulla rivista internazionale The Astrophysical Journal Supplement ripreso anche dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Link identifier #identifier__179274-56INAF).
Lo studio è il risultato dell’analisi di dati raccolti nella banda dei raggi gamma dal telescopio spaziale della NASA Fermi. Il team di autori, che comprende anche ricercatori dell’Università di Torino, Aechen, Manchester, Pechino, della Scuola Interazionale Superiore di Studi Avanzati (Link identifier #identifier__97105-57SISSA), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Link identifier #identifier__194663-58INFN) e dell’INAF, ha utilizzato le osservazioni per rivelare e studiare, per la prima volta, la radiazione gamma prodotta dagli ammassi di galassie. L’emissione di questi oggetti, infatti, era stata identificata in tutte le altre bande dello spettro tranne che in quella gamma.
Ulteriori studi a riguardo permetteranno di comprendere meglio gli ammassi di galassie, ed in particolare il loro contenuto di Materia Oscura, un tipo di materia molto abbondante del nostro Universo ma ancora misteriosa.
Al prof. Enzo Branchini e a tutto il gruppo di ricerca vanno i nostri complimenti per il risultato ottenuto.
Per informazioni scrivere a: Link identifier #identifier__106019-59branchin@fis.uniroma3.it
Link identifier #identifier__49742-60Articolo
Entra in funzione il primo nuovo acceleratore di particelle di nuova generazione dopo LHC
02 Marzo 2016
Un nuovo acceleratore di particelle, SuperKEKB, che si trova presso i Laboratori KEK a Tsukuba, in Giappone, ha accumulato i primi fasci di particelle ed è ora in fase di test operativi. Si tratta del primo nuovo “collider” di nuova generazione dopo il Large Hadron Collider (Link identifier #identifier__13071-61LHC). Questa macchina futuristica è stata progettata e costruita a KEK da un team di fisici degli acceleratori giapponesi.
L’acceleratore SuperKEKB, su cui è in fase di installazione il rivelatore Belle II, alla cui realizzazione partecipa anche la Sezione di Roma Tre dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Link identifier #identifier__44566-62Sezione INFN di Roma Tre) , punta ad ottenere la più alta luminosità (una misura del tasso di collisione tra le particelle) mai raggiunta da un acceleratore di particelle.
Il 10 febbraio 2016, il collider per elettroni e positroni SuperKEKB è riuscito a far circolare e immagazzinare un fascio di positroni, a velocità prossima alla velocità della luce. Il fascio circola in oltre un migliaio di magneti in una circonferenza di circa 3,0 km. Il 26 febbraio 2016, SuperKEKB ha immagazzinato i primi fasci di elettroni ad un’energia di sette miliardi di elettronvolt (7 GeV). L’ottenimento dei primi fasci accumulati è una tappa importante per qualsiasi nuovo acceleratore di particelle. Nel caso di SuperKEKB i fasci di elettroni e positroni hanno anelli separati di diverse energie (7 GeV e 4 GeV, rispettivamente). Quando l’acceleratore sarà completamente operativo, i fasci di elettroni e positroni si scontreranno per produrre un gran numero di nuove particelle.
SuperKEKB, insieme con il rivelatore Belle II, inserito al punto di interazione tra i fasci, è una struttura progettata per la ricerca di nuova fisica oltre il Modello Standard attraverso la misura di decadimenti rari di particelle elementari, come i quark beauty e charm e i leptoni tau.
A differenza di LHC al Link identifier #identifier__164283-63CERN, che è la macchina di energia più alta del mondo, SuperKEKB /Belle II a KEK (Tsukuba, Giappone) è progettato per avere più alta luminosità (una misura del tasso di collisione tra le particelle) al mondo, un fattore di 40 volte superiore a quello raggiunto precedentemente dall’acceleratore KEKB, che detiene molti dei record mondiali attuali per le prestazioni degli acceleratori. Cosí, SuperKEKB sarà presto l’acceleratore leader sulla frontiera della luminosità. Il rilevatore di Belle II a SuperKEKB è stato progettato e costruito da una collaborazione internazionale di oltre 600 studenti, scienziati e ingegneri, provenienti da 23 paesi in Asia, Europa e Nord America. Questa collaborazione sta lavorando a stretto contatto con gli esperti di SuperKEKB per ottimizzare le prestazioni del rivelatore.
A caccia di blazar a Roma Tre – Federica Ricci
29 Gennaio 2016 [Media Inaf]
Federica Ricci, studentessa del Dottorato in Fisica dell’Università Roma Tre, ha dato un importante contributo ad uno studio pubblicato sulla rivista internazionale The Astronomical Journal e ripreso anche dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Link identifier #identifier__95692-64INAF). Lo studio è solo l’ultimo risultato di una campagna osservativa iniziata nel 2011 che aveva l’obiettivo di analizzare le possibili sorgenti di raggi gamma del nostro Universo. Il team di autori, che comprende anche ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, dell’Università di Torino e dell’INAF, ha individuato tra queste sorgenti degli oggetti particolarmente rari, i blazar, buchi neri supermassivi dotati di una intensa emissione gamma. In particolare, la nostra Federica Ricci ha scoperto che alcuni blazar non hanno emissione nelle frequenze radio, caratteristica che, essendo inaspettata, li rende particolarmente interessanti.
Ulteriori studi a riguardo permetteranno di porre vincoli stringenti anche sulla natura della Materia Oscura, un tipo di materia molto abbondante del nostro Universo ma ancora misteriosa.
A Federica Ricci e a tutto il gruppo di ricerca vanno i nostri complimenti per il risultato ottenuto.
Link identifier #identifier__183010-65Articolo
Comunicato stampa – Occhi sulla Luna
29 Gennaio 2016
Il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università degli Studi Roma Tre, in collaborazione con l’Istituto di Astro fisica e Planetologia Spaziali di Roma (Link identifier #identifier__94391-66INAF-IAPS), propone una serata dedicata alla Luna, all’Astronomia e alla Fisica, che si svolgerà presso il Dipartimento, in via della Vasca Navale 84 …
Link identifier #identifier__9129-67[continua a leggere]
Intervista a Stefano Bianchi
Gennaio 2016 [Frascati Scienza]
L’Astrofisica delle alte energie è il settore in cui è impegnato Stefano Bianchi, trentanovenne ricercatore romano del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università di Roma Tre. Ambito di ricerca che, semplificando, si potrebbe definire come lo studio dei fenomeni più violenti che avvengono nell’Universo…
Link identifier #identifier__116038-68[continua a leggere]
Esplorato per la prima volta il guscio che avvolge un buco nero
18 Dicembre 2015 [La Repubblica]
Analizzata la galassia NGC 1068, simile alla Via Lattea e distante circa 47 milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione della Balena: Squarci e materiale disomogeneo. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society letters…
Link identifier #identifier__111632-69[continua a leggere]
Il concetto matematico di cui non potremmo fare a meno: Spazio Topologico – Lucia Caporaso
11 Novembre 2015 [Maddmaths]
Quali sono i concetti matematici che ritenete indispensabili, ossia di cui proprio non potreste proprio fare a meno? E se aveste solo due ore per insegnare qualcosa a qualcuno che vuole sapere qualcosa di matematica, proprio non riuscireste a non insegnargli quello? Ovviamente potete barare in tutti i modi possibili, come è naturale…
Link identifier #identifier__166283-70[continua a leggere]
Play with optic
27 Febbraio 2015 [EPS Young Minds]
On February 27th, at Roma Tre Mathematics and Physics Department, was performed the event “Occhi su Giove: l’autovelox per la luce”. About 600 persons took part at the evening. During the event it was possible to observe with telescopes of the Department and to took part at the ‘Play with optics’ experiments…
Link identifier #identifier__114258-71[continua a leggere]
Luce e gravitazione – Enzo Branchini
Anno 2015 [News Roma Tre]
il 25 novembre 1915, da poco trasferitosi a Berlino, Albert Einstein presenta all’accademia delle Scienze Prussiana il breve, ma fondamentale, articolo che contiene le famose equazioni di campo della della Relatività Generale.
È l’atto finale di un percorso iniziato nel 1907, attraverso il quale Einstein si proponeva di superare la teoria della Gravitazione di Newton e di spiegare tutti i fenomeni gravitazionali noti (dalla mela che cade, al pianeta che orbita, ai moti delle Galassie)…
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Particelle a colori. L’energia che dà massa alle cose – Vittorio Lubicz
2012 [Asimmetrie]
Il 2012 sarà ricordato nella storia della fisica come l’anno del bosone di Higgs. Ultimo tassello, finora sfuggito all’osservazione tra le particelle elementari previste dalla teoria, il bosone di Higgs genera un interesse profondo per il ruolo unico che i fisici ritengono sia svolto da questa particella. Infatti, l’interazione di tutti i costituenti elementari, cioè i leptoni e i quark, con il bosone di Higgs, o più precisamente con il campo di forze a esso associato, fornisce a ciascuna particella la propria massa…
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